L’ibernazione umana e la promessa di un ritorno alla vita
Nel corso della storia c’è un argomento che ha sempre impegnato gli scienziati nella ricerca: il tentativo di allungare la vita umana. Grazie ai progressi della ricerca medica e scientifica, l’aspettativa media di vita è cresciuta di gran lunga nel corso dei secoli ma il tentativo di un ulteriore allungamento del ciclo vitale non si è per niente fermato.
Fra le tecniche per ottenere un sostanzioso aumento del tempo di sopravvivenza, si può annoverare l’ibernazione umana. Nonostante si tratti di un sistema sperimentale e del tutto privo di garanzia circa la riuscita finale, la possibilità di crioconservare il corpo dopo la morte ha già compiuto più di 50 anni.
Le origini della criogenia
La strada verso la criogenia è iniziata il 12 gennaio 1967 quando James Bedford è stato ibernato all’età di 73 anni. Professore di psicologia all’Università della California, deceduto a causa di un tumore, è tuttora conservato dalla società Alcor nella struttura di Scottsdale in Arizona. Nel 1991 il suo corpo è stato esaminato prima di trasferirlo in un contenitore tecnologicamente più avanzato. L’esame esterno ha rivelato un uomo in buono stato di conservazione, ben nutrito e all’apparenza più giovane delle sue 73 primavere.
Pur trattandosi del primo caso documentato di ibernazione umana, la possibilità di accedere alla crioconservazione era già disponibile nel 1965 grazie ad Evan Cooper, imprenditore autodefinito “il primo crio-attivista”, fondatore della Life Extension, oggi conosciuta con il nome di Alcor.
Il primo italiano ibernato è stato Aldo Fusciardi, imprenditore di Cassino sottoposto a crioconservazione nel 2012 dopo un infarto. Il suo corpo è attualmente conservato presso il Cryonics Institute con sede nel Michigan negli Stati Uniti.
Cos’è l’ibernazione umana?
L’ibernazione, chiamata anche con il nome di sospensione crionica, è la pratica di congelamento del corpo di un individuo appena deceduto nella speranza che in futuro, grazie all’impiego di nuove conoscenze medico-scientifiche, sia possibile riportarlo in vita e curare la malattia che ne ha causato la morte.
Oltre ad essere particolarmente costosa, la tecnica non offre alcuna garanzia circa il risultato finale. Ad oggi, infatti, nessuno è in grado di prevedere se e quando sarà possibile riportare in vita i corpi umani ibernati dal momento che non esiste una tecnologia che consenta di farlo.
Nonostante ciò, da un punto di vista teorico l’ibernazione umana si fonda su tre principi:
- La memoria e la personalità di un soggetto restano intatte all’interno della struttura cerebrale, anche quando la sua attività viene interrotta a seguito della morte clinica
- Le tecniche di crioconservazione non danneggiano in alcun modo le strutture del cervello
- Il progresso scientifico consentirà in futuro di ripristinare le capacità cerebrali e riportare in vita i corpi crioconservati
Crionica: la tecnica alla base dell’ibernazione
La crionica (dal greco kryos, freddo) consiste nell’abbassare drasticamente la temperatura corporea al fine di conservarne l’integrità nel tempo in una sorta di “sonno” dell’organismo, con lo scopo di estendere le aspettative di vita.
Passando ad un punto di vista pratico, la crionica consiste nell’abbassamento della temperatura corporea di persone dichiarate legalmente morte, attraverso l’impiego di azoto liquido. La tecnica dev’essere necessariamente avviata entro mezz’ora dalla morte al fine di impedire la decomposizione corporea.
Un soggetto mantenuto in tali condizioni è considerato un «paziente criopreservato» e non realmente «morto». Ad oggi, è possibile farsi ibernare solo da deceduti. La crioconservazione da vivi non è legalmente consentita anche in presenza di malati terminali o vittime di grandi sofferenze.
Gli scienziati non escludono la possibilità che si possa giungere anche all’ibernazione di soggetti vivi. Chi si occupa di crionica, infatti, sostiene che sarebbe preferibile crioconservare un paziente prima che la malattia causi danni tali da condurre il soggetto alla morte.
Crioconservazione: come funziona
Il procedimento di crioconservazione inizia nel momento in cui il malato si trova in fin di vita.
Dopo la dichiarazione di morte legale, entrano in scena i tecnici incaricati dalle società di crioconservazione che ripristinano meccanicamente la ventilazione ai polmoni e il conseguente afflusso di sangue al cervello. A questo punto, la temperatura corporea viene abbassata con l’impiego di ghiaccio secco e il corpo viene preparato per il trasporto.
Arrivati in uno dei centri di criogenesi viene iniettata per via endovenosa la soluzione «crioprotettiva», una sorta di “antigelo” indispensabile per evitare che i tessuti congelino rendendo vana l’intera operazione. Il corpo viene, quindi, immerso nell’azoto liquido e portato ad una temperatura di -125 gradi centigradi. Trascorse tre ore, si arriva alla temperatura definitiva di -196 gradi.
Da questo momento, il soggetto può considerarsi ibernato e lo staff del centro avrà il compito di cambiare l’azoto liquido a tempo indeterminato con lo scopo di mantenere la temperatura costante.
È possibile ricorrere anche alla procedura di conservazione della sola testa definita neuro conservazione (neuropreservation). Si tratta di una tecnica che consiste nel conservare unicamente il cervello della persona deceduta. La convinzione alla base di questa pratica è che in futuro non solo sarà possibile rianimare i corpi crioconservati, ma anche far crescere nuovi corpi nei quali impiantare i cervelli ibernati. Il cervello viene mantenuto nel cranio e la testa viene tagliata dal resto del corpo all’altezza della settima vertebra cervicale.
Da un punto di vista procedurale, la tecnica di crioconservazione della testa è equiparabile a quella dell’interno corpo. Dopo un graduale abbassamento della temperatura attraverso l’impiego di azoto liquido, la testa viene introdotta in un piccolo contenitore Dewar e immersa a -196 gradi centigradi per la conservazione a lungo termine.
Quante sono le persone attualmente ibernate?
Attualmente sono circa 400 le persone nel mondo che hanno scelto di farsi ibernare sottoscrivendo, in stato di buona salute, contratti molto onerosi (circa 100 mila dollari) in cambio dei servizi di crioconservazione presso le tre società che lavorano in questo campo, due statunitensi e una russa.
In cambio di cifre da capogiro, si offre solo una speranza e assolutamente zero certezze di ritorno dal congelamento visto che ancora non esiste una tecnica per il risveglio nonostante i grandi passi avanti degli studi. L’ultimo esperimento per rilevanza risale al 2016, quando si è riuscito a conservare e risvegliare senza danni il cervello di un coniglio.
Ibernazione umana in Italia
In Italia, al pari del resto d’Europa, non esistono organizzazioni che praticano la crioconservazione sebbene nessuna legge vieti l’ibernazione umana.
Nonostante ciò, attivare la procedura di crioconservazione in Italia è molto complessa a causa di una legge che prevede un periodo di osservazione di 24 ore dalla cessazione dell’attività cardiaca, prima di poter disporre liberamente del cadavere. Questo si scontra con la necessità di intervenire rapidamente per accedere alla crioconservazione. Infatti, al fine di evitare la decomposizione è necessario portare il corpo a -96 gradi centigradi entro trenta minuti dalla morte.
Per questo, gli italiani che hanno sottoscritto un contratto di ibernazione hanno sostanzialmente due possibilità: essere trasportati da vivi presso le cliniche nelle adiacenze delle società di crioconservazione, oppure arrivare cadaveri dopo alcuni accorgimenti finalizzati al trasporto e alla successiva criogenesi.
Tuttavia, anche in Italia esiste un centro di supporto alla crioconservazione: un’azienda funebre di Mirandola, in provincia di Modena, la Polistena Human Cryopreservation offre la possibilità di pretrattare e trasportare la salma avvolta da ghiaccio secco, con una temperatura che arriva fino a circa 30 gradi sotto lo zero. Il cadavere viene, poi, trasportato con un aereo fino in Russia, alla KrioRus, uno dei tre centri del mondo dove si mette in pratica la crioconservazione.
Dove si effettua la crioconservazione
Al momento, esistono esclusivamente tre centri al mondo in cui è possibile eseguire la crionica su esseri umani:
- La Alcor, in Arizona, l’organizzazione crionica con il più alto numero di iscritti
- Il Cryonics Institutesempre negli Stati Uniti, vicino a Detroit e fondato da Robert Ettinger, «padre» della crionica
- La KrioRus, nata nel 2006 in Russia
Tutte hanno lunghe liste d’attesa per accedervi, si conta infatti che siano oltre 2000 le persone in tutto il mondo ad aver già sottoscritto un contratto di crioconservazione.
Esistono comunque molte agenzie che offrono il servizio di trasporto a cui ci si può rivolgere e, in questi ultimi anni, è aperta la discussione circa la possibilità di creare un centro di ibernazione umana in Europa.
Crioconservazione: quanto costa
L’ibernazione è una pratica particolarmente costosa. Negli Stati Uniti, le cifre si aggirano tra i 160 e i 200 mila dollari per conservare un corpo e 80 mila dollari se si congela solo la testa. Più a buon mercato la Russia, dove la conservazione del corpo costa 26 mila dollari, mentre se si opta per la sola testa la cifra è intorno ai 18mila dollari.
Da qualche tempo, la società KrioRus offre anche un sistema di pagamento a rate per i meno abbienti. Alla sottoscrizione del contratto dalla durata di 100 anni, si versa un importo di 3600 dollari ed il resto viene dilazionato in piccole rate.
Crionica e Spazio: le Potenziali Applicazioni
Nella cultura di massa, la crionica appare in molte opere cinematografiche. I film Sonno di ghiaccio, Passengers, 2001: Odissea nello spazio ruotano intorno all’argomento, così come il cartone animato di successo Futurama dove il protagonista Fry, cadendo, viene inconsapevolmente ibernato.
Oltre al prolungare la vita sulla terra, la crionica è materia di interesse per le agenzie spaziali, che trarrebbero tantissimi vantaggi dalla possibilità di un sonno prolungato degli astronauti: dal minor carico di provviste da mettere sul veicolo spaziale all’eliminazione dello stress dell’equipaggio dettato dai lunghi viaggi. Insomma, non solo un prolungamento del ciclo vitale: la crionica potrebbe avere in breve termine una ricaduta concreta sull’esplorazione spaziale.